Gestione illegittima della Certosa di Pavia

Negli ultimi giorni alcuni interventi sull’annosa questione della gestione della Certosa di Pavia. Da una parte la consigliera regionale di M5S, Iolanda Nanni, evidenzia la gestione senza titolo del monumento da parte dei frati cistercensi e il possibile danno erariale da una gestione certamente non ottimale del complesso.
Dall’altra l’attuale europarlamentare Ciocca della Lega che rivendica l’apporto della Regione Lombardia per le celebrazioni del 620esimo della fondazione della Certosa e i parlamentari pavesi Chiara Scuvera e Alan Ferrari  che sottolineano l’apporto di MIBACT e Governo per le ristrutturazioni.

immagineDa residenti e cittadini, la constatazione che
– sono iniziati finalmente dei lavori di ristrutturazione promessi da tanti anni e sicuramente già in ritardo rispetto alle condizioni del monumento
– la parte esterna intorno al monumento è sempre più in degrado
– le analisi e le proposte portate avanti per anni dal compianto avv. Maurici non hanno ancora trovato realizzazione

Da Milano-Lorenteggio.com del 8 Agosto 2016

Lombardia. Certosa di Pavia, Iolanda Nanni (M5S): “5 mila euro sono briciole. Vero problema rimane la gestione illegittima del monumento.“

E’ polemica sui 5.000 euro, erogati da Regione Lombardia, per i 620 anni della Certosa di Pavia.

Milano, 8 agosto 2016 – Alle parole trionfalistiche del consigliere regionale Ciocca (in quota LEGA) che si bea dei miseri 5.000 euro, erogati da Regione Lombardia, per i 620 anni della Certosa di Pavia, Iolanda Nanni, consigliere regionale pavese del M5S, risponde: “Sono solo briciole che non sposteranno di un millimetro il vero problema della Certosa di Pavia che nessun partito, tranne il M5S, vuole affrontare e che è legato al nodo irrisolto della gestione di questo monumento, affidata da una classe politica locale indegna a una manciata di frati cistercensi, del tutto incapaci di gestire e rendere attrattivo il monumento, che ha una portata architettonica, artistica, storica e culturale mondiale. Una gestione contra legem oramai trentennale, cioè in barba alla normativa statale n. 390 del 1986″

“Già nel 2013 – prosegue Nanni – chiesi al Demanio, che ha la proprietà del monumento e di tutti i beni ivi inclusi, di fare luce sulle irregolarità della gestione. Ad agosto 2014, ottenni il via libera dalla Presidenza del Consiglio del Ministri che ingiunse al Demanio di  fornirmi i documenti che mi negava sulla gestione dalla Certosa. Da quei documenti emerse chiaramente che la gestione della Certosa risultava illegittima, poiché, dal 1984 a oggi, non esiste alcun contratto per la gestione del monumento. Attualmente, può tranquillamente affermarsi che la gestione della Certosa di Pavia, da parte dei monaci cistercensi, è “abusiva”, cioè in violazione della L. 390/1986.”

“Nel frattempo –  continua Nanni – ho attivato anche la magistratura con un esposto che è stato archiviato il 24 aprile 2015 in cui il Giudice non solo ha confermato che il degrado della Certosa è conseguenza delle implicazioni reciproche fra gestione e conservazione del monumento, ma che il monumento è a a tutt’oggi gestito senza alcun titolo da parte dei frati cistercensi. Ciò nonostante, non sono state individuate ipotesi di reato, il che è paradossale, dato che lo stesso giudice comprova l’occupazione senza titolo da parte dei frati, ma – al contempo – non ravvede, in tale occupazione, un dolo specifico che dovrebbe consistere  nel fine di occupare o trarre profitto dai terreni o edifici arbitrariamente “invasi“.”

Il Giudice – prosegue Nanni – afferma poi che «la giurisprudenza ha specificato che tale coscienza debba ricomprendere la volontà di porre in essere una turbativa del possesso che realizzi un apprezzabile depauperamento delle facoltà di godimento del bene da parte del suo titolare (n.d.r., il Demanio)», negando con ciò, che la gestione dei frati costituisca un depauperamento del godimento del bene. Su questo punto, è bene evidenziare che il depauperamento delle facoltà di godimento della Certosa è invece sotto gli occhi di tutti, dato che la Certosa è proprietà del Demanio e quindi di tutti i cittadini italiani, i quali sono costretti da anni a visitarla ad orari stabiliti dai frati (in barba alla normativa comunitaria) e con visite guidate e frettolose, gestite pure arbitrariamente dai frati, senza poter godere appieno della bellezza di un monumento che, secondo i parametri UE, dovrebbe essere aperto in maniera continuativa e visitabile nella sua interezza. Infine, nella parte dell’esposto in cui denunciavo lo stato di degrado del monumento, dovuto alla mancata pianificazione di interventi strutturali di manutenzione ordinaria, il Giudice non ha ravveduto reati, pur ammettendo che  «la Certosa di Pavia si trova in uno stato di conservazione sostanzialmente critico» e pur ammettendo che, solo a seguito del mio esposto, i Vigili del Fuoco intervennero per transennare adeguatamente le parti meno sicure della Certosa.”

Conclude Nanni: “Nel mio esposto, allegai agli atti uno Studio di Fattibilità, datato 2004, redatto dal Ministero Infrastrutture – Provveditorato Interregionale alle Opere Pubbliche, in cui si evidenziava chiaramente che  lo stato di degrado del monumento, nel corso degli anni e a causa della gestione immobile, era pari a 30 milioni di euro. Ad agosto 2015, il Ministro Franceschini annunciò l’arrivo di 7 milioni di euro per la valorizzazione della Certosa. Ad oggi, passato un anno, non esiste ancora uno studio di fattibilitàaggiornato e strutturale sui lavori da effettuare per rendere fruibile il monumento a 360 gradi dai turisti. Né si ha traccia se detti fondi siano pervenuti e a chi siano stati assegnati, fra il Demanio, la Sopraintendenza e il MIBAC e quale pianificazione sia stata predisposta. Questa situazione di stallo è costantemente monitorata dal M5S, come unica forza politica, che da anni si batte sul territorio, in Regione e in Parlamento per ottenere trasparenza sulla gestione del monumento e piena accessibilità ai documenti da parte del Demanio che, per troppi anni, complice una politica partitica di centrodestra e centrosinistra che sostanzialmente ha taciuto sulla gestione irregolare, emersa solo grazie al M5S, si è sostanzialmente disinteressato di uno dei monumenti più importanti del nostro Paese, la cui fortissima attrattività è minata dalle  pessime condizioni di visita e fruibilità dello stesso che, per il suo prestigio, costituirebbe un insostibuile volano per l’occupazione e per il benessere della nostra Provincia.”

“Per questo motivo –  continua Nanni – il M5S ha avviato un accesso agli atti presso il MIBAC, il Demanio e il MIT (Ministero Infrastrutture) per ottenere i documenti relativi alla pianificazione annuale e triennale degli interventi sulla Certosa sollecita la regolarizzazione della sua gestione, attualmente illegittima in quanto in violazione della legge nazionale n. 390/1986 che impone che “le concessioni e le locazioni di cui al comma precedente devono prevedere la assunzione, da parte del concessionario o locatario, degli oneri della manutenzione ordinaria e straordinaria, salvo, per quest’ultima, che lo Stato ritenga necessario provvedervi direttamente, nonché degli oneri, delle contribuzioni e degli obblighi di qualsiasi natura gravanti sull’immobile.” Il testo della legge è chiaro, come è chiaro che una manciata di monaci non sia nella condizione di provvedere alla manutenzione della Certosa di Pavia e questo è il vero motivo per cui, dopo il 1984, con l’entrata in vigore della nuova legge n. 390/1986, non è stato più stipulato alcun contratto sulla gestione della Certosa. Ed ecco come mai, da oltre 30 anni, abbiamo una situazione di irregolarità di gestione palese che sta determinando conseguenze drammatiche sul suo stato di conservazione e fruibilità da parte del pubblico. Irregolarità, è bene chiarirlo, le cui responsabilità sono direttamente ascrivibili al legittimo proprietario del monumento, e cioè al Demanio dello Stato, nonché a tutto quel fronte della politica partitica che in questi anni ha sottaciuto l’intera vicenda ed è stato incapace di risolvere la questione”.

“Questa situazione – conclude Nanni –  è ormai intollerabile. Il M5S chiede che la gestione del monumento sia affidata allo Stato, che ne è legittimo proprietario, e che torni alla legalità nel pieno rispetto della normativa di legge. A differenza dei partiti che da anni ne hanno taciuto l’illegittimità della gestione, senza informare la popolazione sullo stato reale della situazione, il M5S intende fare chiarezza e continuerà la propria opera di denuncia a tutte le Autorità preposte fino a che alla Certosa di Pavia non sia finalmente restituita la dignità che un monumento merita agli occhi del mondo”.

Articolo di Stefania Prato Da Provincia Pavese del 10 Agosto 2016

M5s segnala Certosa alla Corte dei conti

La consigliera regionale Nanni: «Gestione dei monaci illegittima e danno erariale per il mancato pagamento del biglietto d’ingresso»

ristrutturazioni in corso alla certosaCERTOSA. Una segnalazione alla Corte dei Conti per danno erariale. Nel mirino della consigliera regionale del Movimento 5 Stelle Iolanda Nanni c’è la gestione del monumento della Certosa che sarebbe «illegittima». Gestione affidata ai monaci che, dice la consigliera, se ne stanno occupando senza alcun titolo, «una situazione che va riportata alla legalità e che comporta danni economici per le casse statali». «I visitatori – chiarisce Nanni – lasciano un obolo ai monaci, determinando un mancato guadagno per lo Stato, proprietario del bene. Se invece si facesse pagare un regolare biglietto d’ingresso, i proventi introiettati potrebbero venire reinvestiti dall’ente statale negli interventi di restauro di cui costantemente necessita l’intero complesso».
La segnalazione alla Corte dei Conti è in fase di preparazione, «stiamo lavorando insieme ai nostri consulenti legali», perché, spiega la consigliera, «l’obiettivo è quello di fare chiarezza e continuare la nostra opera di denuncia a tutte le autorità preposte, fino a che alla Certosa non venga finalmente restituita la dignità che merita». Ma non è finita. Nel mirino della consigliera pentastellata sono finiti anche gli interventi sulla struttura. Quelli eseguiti e quelli da realizzare.

Per questo ha avviato un accesso agli atti a Mibac, Demanio e Mit (Ministero delle infrastrutture) per ottenere i documenti sulla pianificazione annuale e triennale degli interventi sulla Certosa. «Vogliamo capire se i fondi promessi siano stati tutti stanziati e quali siano stati gli interventi realizzati finora con le risorse disponibili», dice la consigliera, riferendosi ai 7milioni annunciati nell’agosto di un anno fa dal ministro Franceschini. «Ad oggi non esiste ancora uno studio di fattibilità aggiornato e strutturale sui lavori da effettuare per rendere fruibile il monumento a 360 gradi dai turisti. Né si ha traccia se questi fondi siano pervenuti e a chi siano stati assegnati, fra Demanio, Soprintendenza e Mibac e quale pianificazione sia stata predisposta». Una situazione che la consigliera definisce di «preoccupante stallo», al punto da obbligare i 5Stelle ad un «monitoraggio costante». Perché «chiediamo più trasparenza sulla gestione del monumento, uno dei più importanti del nostro Paese, la cui fortissima attrattività è minata dalle pessime condizioni di visita e fruibilità».

Insiste Nanni nel chiedere che «la gestione del monastero venga affidata allo Stato e che torni alla legalità nel pieno rispetto della normativa». E ricorda l’esposto presentato in procura. Esposto archiviato dal giudice che «comunque aveva confermato che la Certosa si trovasse in uno stato di conservazione sostanzialmente critico, un degrado che è conseguenza delle implicazioni reciproche fra gestione e conservazione del monumento» e che «aveva sottolineato come il complesso fosse gestito senza alcun titolo da parte dei monaci». «Nonostante questo non sono state individuate ipotesi di reato, non ravvedendo, in questa occupazione, un dolo specifico. Ma la Certosa – sottolinea – è proprietà del Demanio e quindi di tutti i cittadini italiani, costretti da anni a visitarla ad orari stabiliti dai monaci, in barba alla normativa comunitaria che ne prevede l’apertura continuativa e visite complete».

Articolo di Stefania Prato Da Provincia Pavese del 14 Agosto 2016

Certosa, in autunno la gara da 7 milioni

Stanziati dal ministero i fondi per il restauro del monumento. I lavori nel chiostro piccolo, in biblioteca e nella sacrestia

CERTOSA. Sono già stati stanziati dal Ministero dei beni culturali i 7 milioni di euro destinati lo scorso anno al monumento della Certosa. E ha provveduto ad anticiparne il 10%, denaro che servirà «per il «restauro e la valorizzazione della Certosa di Pavia e per l’incremento dell’attrattività di un territorio di grandi potenzialità turistico-culturali». Gli uffici ministeriali, attraverso Invitalia, stanno predisponendo la gara che verrà indetta in autunno. La conferma arriva dall’onorevole Pd Chiara Scuvera che, insieme al collega Alan Ferrari, a settembre presenterà un’interrogazione «per chiedere al governo aggiornamenti sullo stato di avanzamento del finanziamento, per sapere come verrà utilizzato e per conoscere la tempistica». Intanto proseguono gli interventi di restauro iniziati lo scorso maggio. Gru e ponteggi troneggiano sulla Certosa per lavori costati circa 1 milione di euro, stanziati nel 2014 dal Ministero dei beni culturali. «Ricordiamo – dice il sindaco Marcello Infurna – che, grazie al nostro impegno, per il recupero conservativo della Certosa, sono già arrivati complessivamente circa 14milioni di euro, tanto che ora non si può più parlare di situazione di degrado». Gli interventi puntano a sistemare le coperture del chiostro piccolo, della sacrestia nuova e della biblioteca. Senza dimenticare il restauro dell’orologio che si trova nel chiostro grande. Ponteggi anche sui transetti della chiesa di Santa Maria delle Grazie per il restauro delle tre guglie. «Lavori complessi che avranno la durata di circa un anno», fa sapere Luca Zappettini, titolare della ditta Kairos Restauri che ha vinto l’appalto. «Il cantiere non chiuderà neppure per il periodo estivo, anche se si lavorerà a ranghi dirotti – dice Zappettini -. È probabile che alcune opere verranno già ultimate a settembre». «È evidente – sostiene Scuvera – che l’impegno del governo c’è tutto e che la Certosa resta una priorità. Il ministro Franceschini ha confermato il contributo per il restauro e la valorizzazione e ci è stato assicurato che ormai dovrebbe partire il conto alla rovescia. E proprio per avere una certezza sui tempi, alla ripresa dei lavori parlamentari presenteremo un’interrogazione». Il finanziamento rientra nel piano strategico “Grandi progetti beni culturali” del Mibact che aveva stanziato circa 80milioni di euro per i monumenti italiani. Il sindaco Infurna ricorda che «parte dei 14milioni di euro sono già stati spesi per lavori ora in corso e che parte riguarderanno invece progetti pronti a partire». «In questi anni – sottolinea il primo cittadino – ci siamo attivati per far accendere i riflettori su questo prezioso monumento. Per primi avevamo indicato una gestione diversa del complesso monumentale, insistendo sulla necessità di orari prolungati e del contributo di guide, oltre che dell’esigenza di valorizzare le
parti non utilizzate. Si deve cercare di lavorare in rete puntando ad obiettivi possibili e concreti. Conti alla mano, il pagamento del biglietto d’ingresso da parte dei visitatori non farebbe incassare al Demanio neppure il denaro sufficiente per coprire i costi della manutenzione ordinaria».

Comunione e Liberazione a Certosa di Pavia?

Bagni chimici installati davanti al piazzale della Certosa di Pavia per la manifestazione di Comunione e Liberazione?
Fila di 10 bagni chimici installati davanti al piazzale della Certosa di Pavia per la manifestazione di Comunione e Liberazione?

CL a Certosa

La settimana precedente Pasqua sono comparsi davanti al Piazzale della Certosa di Pavia, una fila di una decina di bagni chimici.

In quei giorni prima di Pasqua (tra il 22 ed il 24 Marzo) si è probabilmente svolto il raduno degli studenti universitari appartenenti a Comunione e Liberazione.

Gli studenti di CL dovrebbero aver partecipato ai cosiddetti “esercizi spirituali” in occasione della celebrazione della Pasqua.

La tradizione vede ogni anno la presenza di questi studenti universitari nel periodo di Pasqua alla Certosa di Pavia. Utilizzare la Certosa per esercizi spirituali è sicuramente una bellissima iniziativa, che sarebbe molto interessante si estendesse nel tempo a piccoli gruppi o ad altre comunità oltre Comunione e Liberazione.

L’utilizzo da parte di Comunione e Liberazione non è molto documentato ma dovrebbe risalire agli  anni 80.
Nelle poche occasioni in cui questo evento è stato pubblicizzato pare che il numero di ragazzi coinvolti fosse oltre i tremila, tra ragazze e ragazzi. (es. link su una notizia di 3 anni fa dal quotidiano locale La Provincia Pavese)
Sarebbe per noi – come cittadini di Certosa interessati alla valorizzazione del Monumento – molto interessante conoscere in modo trasparente le modalità di questo “utilizzo” della Certosa – che potrebbe essere un bel modello anche per altre esperienze spirituali.

Qualcuno ne sa di più?
Che ne dite?

 

 

 

Borgarello, Bosone rilancia il centro commerciale

Dopo la corretta bocciatura della Regione Lombardia, che rimandava il mittente la richiesta, la risposta della Amministrazione Provinciale alla nuova edizione del progetto di Centro Commerciale a Borgarello (“nulla osta“) ha suscitato in questi giorni molte reazioni – soprattutto da parte di molti cittadini ed associazioni che per anni  hanno studiato il progetto e gli impatti sul territorio.

Articolo di Stefania Prato da La Provincia Pavese, 25 marzo 2016

La Provincia dà il nulla osta alla discussione sul nuovo progetto di centro commerciale. Sindaci infuriati. Lamberti: «Scelta incomprensibile». Depaoli: «Inaccettabile».

Centro commerciale atto terzo. Dopo il “no” della Regione, arriva dalla Provincia il nulla osta per chiedere al Comune di riavviare l’iter: il documento inviato a Regione Lombardia e al Comune di Borgarello è firmato dal presidente Daniele Bosone.
Per l’amministrazione Lamberti è una doccia fredda: «Un nulla osta non dovuto e non richiesto». Un atto che lascia stupito anche il sindaco di Pavia Massimo Depaoli che lo definisce «inaccettabile». Nicola Lamberti, primo cittadino del paese il cui destino da anni è ormai legato a questo intervento commerciale, si dice «stupito». E a stupirlo non è solo il fatto che la Provincia non abbia ritenuto opportuno avvertire prima la sua amministrazione, ma è anche il colpo di mano di un ente che aveva deciso di far ricorso contro il progetto precedente. «Un ricorso peraltro vinto», precisa il sindaco. Che sul fatto che il nuovo provvedimento faccia ripartire l’iter procedurale è invece tranquillo. Non solo perché non spetta alla Provincia, ma solo al Comune. Ma

Centro Commerciale di Borgarello
Centro Commerciale di Borgarello

anche perché «per dare il via all’accordo di programma è necessario un progetto».
«Progetto che non c’è – spiega Lamberti –. Esiste solamente una bozza, uno schema che non entra nel dettaglio e che era stato consegnato in municipio lo scorso 23 dicembre».
E dai documenti in possesso del Comune, dice il sindaco, il centro commerciale non risulta affatto ridotto. La metratura è maggiore, passata dai precedenti 40mila metri quadrati agli attuali 58mila. Non solo. «Risulta peggiorata anche la viabilità, in quanto, per evitare di coinvolgere il Comune di Pavia, la società ha deciso di anticipare l’ingresso sull’ex statale, determinando, a nostro avviso, un aumento del traffico che, in quel punto è già al collasso – sottolinea Lamberti – Per questo non riusciamo a capire la posizione incoerente della Provincia. In passato si era opposta al vecchio progetto, ritenendolo dannoso proprio perché avrebbe peggiorato la viabilità di questa parte di territorio».
Parecchie quindi le perplessità nei confronti del comportamento di Piazza Italia. «Mi sembra anche strano che il presidente, che ritengo conosca la normativa, non sappia dell’inutilità di questo nulla osta. E mi chiedo come mai, su una questione tanto delicata, invii una lettera senza avvertire prima l’amministrazione di Borgarello». In effetti l’atteggiamento della Provincia lascia esterrefatto anche il Comune di Pavia nonostante, in questa nuova fase non sia più coinvolto nell’iter procedurale.
«Il nostro Comune non ha più un ruolo da comprimario– allarga le braccia il sindaco Depaoli –, ma, in ogni caso, non riusciamo a capire la scelta dell’ente provinciale nei confronti di un insediamento che continuiamo a considerare impattante per l’intero territorio e nei confronti del quale continuiamo a ribadire la nostra contrarietà». Resta il fatto che Progetto commerciale, la società bergamasca che intende realizzare il nuovo mega market, ci riprova. Nei mesi scorsi aveva inviato in Regione la richiesta di avviare l’accordo di programma, richiesta neppure presa in considerazione da Palazzo Pirelli, «in quanto a presentare domanda per iniziare l’accordo spettava ad un ente pubblico e non ad un privato».
E siccome il Comune continua a ritenere fortemente impattante anche questo secondo nuovo progetto, è stato necessario il coinvolgimento della Provincia. Che ha provveduto a presentare il nulla osta. Perché, spiega il presidente Bosone sul documento, «la soluzione progettuale, rispetto alla precedente, risulta modificata sia dal punto di vista delle dimensioni che delle destinazioni insediabili».

Alan Ferrari
Il dibattito che si è riaperto in questi giorni sul centro commerciale di Borgarello mi impone di esprimere di nuovo la mia opinione.
Ebbene, senza fronzoli dico che mantengo tutte le forti preoccupazioni che ho sempre manifestato, in particolare quando ero Segretario provinciale del Partito Democratico, sia per l’impatto urbanistico e viabilistico, sia per la tipologia di sviluppo che questo insediamento propone.
Si tratta di preoccupazioni che non vedo come possano essere fugate.
Se spettasse a me la scelta amministrativa io direi di NO.
E non ho detto a caso “se spettasse a me”, perché ritengo che il punto da cui partire è che nessun Ente superiore o nessun partito politico può imporre una scelta diversa al Comune di Borgarello, che decide legittimamente di non accettare un insediamento commerciale come questo sul proprio territorio.
“Pavia” ha altre priorità: dalle infrastrutture (compresa la tangenziale di Certosa) all’inquinamento, dal consumo di suolo all’economia circolare, fino all’innovazione.
Concentriamo lì tutte le nostre energie.

Renato Bertoglio
Un mese fa l’ufficio legislativo della giunta regionale aveva bloccato il nuovo iter procedurale del centro commerciale di Borgarello, in quanto la richiesta di “accordo di programma” era stata presentata dalla proprietà, mentre secondo il regolamento regionale l’iniziativa spetta ad un ente pubblico.
Ed ecco che a distanza di meno di un mese, stante la contrarietà dei comuni di Borgarello e Pavia, il presidente della Provincia dà il proprio nulla osta per l’avvio della procedura.
Qualcuno potrà rimanere stupito, non noi che abbiamo sempre seguito la vicenda, perché alle dichiarazioni formali contrarie al progetto, la Provincia ha fatto seguire anche atti che andavano in senso contrario, come nel 2012 quando promosse una conferenza di servizi per la viabilità legata al centro commerciale, nonostante le perplessità sulla procedura da più parti manifestate.
Ora nella lettera inviata il 22_3_16 il presidente Bosone, per giustificare il nulla osta, si spinge a scrivere che: “ – L’operatore dimostra un forte impegno a realizzare opere compensative sia infrastrutturali, che ambientali ed economiche fra le quali, in particolare, la realizzazione della tangenziale di Certosa di Pavia”.
Non avevamo dubbi che più passa il tempo più la proprietà sia disposta ad aumentare le compensazioni per realizzare un progetto che dal 2001 persegue tenacemente e che economicamente renderebbe prima di tutto per la trasformazione dei terreni da agricoli a commerciali.
Ma il progetto va valutato sulle compensazioni o per quello che comporterebbe inserito sul territorio provinciale e su una strada che già ora è satura di traffico? E’ così che la Provincia si fa interprete del “territorio”?
Legambiente Provincia di Pavia

Un cantante certosino a Napoli

Un cantante certosino a Napoli

Dal sito dell’Associazione 50&più

Nella rassegna canora “Italia in…Canto” giunta alla XVI edizione  dedicato ai cantanti over 50 organizzato e promosso dall’Associazione 50&Più la cui finale si è tenuta al Teatro

Giuria della rassegna canora
Giuria della rassegna canora: cantante e critici

Mediterraneo di Napoli, ha avuto gloria anche un nostro concittadino, un cantante certosino di origine colombiana Mauricio Villabona di Certosa di Pavia che si è esibito in “Acquarello” la canzone che nel 1983 fu interpretata dal chitarrista e cantante brasiliano Toquinho

Borgarello, la Regione stronca il market

Due recenti articoli, su Il Giorno e La Provincia Pavese, ribadiscono che le lotte fatte dalla cittadinanza attiva, dall’attuale amministrazione del Comune di Borgarello e dal compianto avvocato Franco Maurici, sono ancora rispettate.

Il nuovo progetto di centro commerciale a Borgarello? Un falso allarme

Articolo di Stefano Zanette  da Il Giorno del 25 Febbraio 2016.

Il presidente della commissione Attività produttive di Regione Lombardia smentisce l’ipotesi che era circolata nei giorni scorsi. “E’ stato chiarito, smentendo le voci circolate nei giorni scorsi, che non esiste alcun accordo di programma e che da parte del Comune di Borgarello non è stata avviata nessuna azione istituzionale. Si è trattato di un falso allarme, oggi ufficialmente smascherato. Le proposte o comunicazioni fatte dai soggetti interessati a realizzare il centro commerciale non hanno alcun valore programmatico”.

Angelo Ciocca, presidente della commissione Attività produttive di Regione Lombardia, ha ricevuto questa mattina in audizione i sindaci di Borgarello, Certosa, Zeccone e Pavia, la vicepresidente della Provincia e rappresentanti di Ascom, Confcommercio e Confesercenti. L’oggetto dell’audizione era appunto il chiarimento sul progetto di un possibile centro commerciale a Borgarello. Un progetto discusso per anni, poi rigettato, con contenzioso legale opposto dai proponenti. Il nodo, oltre commerciale, è sempre stato anche viabilistico. E proprio raccogliendo la sollecitazione del sindaco di Certosa nel corso dell’audizione, il presidente Ciocca ha garantito di farsi carico, presso l’assessorato regionale ai Trasporti, della problematica relativa alla viabilità nella zona di Certosa. “E’ nell’interesse e nelle competenze di questa Commissione – ha concluso Ciocca – tutelare il valore artistico e turistico di questo territorio”.

Bloccato prima dell’avvio l’iter per la seconda versione del centro commerciale: «Non può essere la società a presentarlo»

Articolo di Stefania Prato da La Provincia Pavese del 26 Febbraio 2016.

BORGARELLO. Bloccato sul nascere l’iter procedurale per realizzare il centro commerciale di Borgarello. Regione Lombardia respinge la richiesta di accordo di programma presentata dalla società Progetto commerciale perché non risulta valida. Secondo il regolamento regionale infatti spetta ad un ente pubblico e non ad un privato avviare l’iter che farebbe ripartire la procedura per costruire il mega insediamento. E, in questo caso, a presentare richiesta è stata la società bergamasca, mentre sarebbe dovuto toccare al Comune di Borgarello. Pollice verso quindi da parte dell’ufficio legislativo di giunta che, ieri mattina, ha fatto conoscere l’esito dell’istruttoria durante l’incontro sul megamarket convocato dalla commissione attività produttive. «Per Regione Lombardia – spiega il presidente della commissione Angelo Ciocca – l’accordo di programma, che è un atto di programmazione negoziata, deve essere trasmesso da un ente pubblico. Ci troviamo perciò di fronte ad un accordo fantasma. È evidente che l’iter non possa ripartire e che la giunta regionale non sarà chiamata a decidere sull’opportunità di realizzare un nuovo insediamento commerciale». «Esiste una delibera regionale che stabilisce le linee guida per realizzare una grande struttura di vendita», spiega il sindaco di Borgarello Nicola Lamberti che poi chiarisce: «Intendiamo agire in modo corretto, senza esporre il Comune ad eventuali pagamenti di danni. Porteremo quindi avanti la difesa dei nostri valori, ma in linea con la legge. È una questione delicata su cui stiamo lavorando». Insomma non si sbilancia il primo cittadino su quali saranno le prossime decisioni della giunta sul centro commerciale. Che al momento resta al palo. «Si è chiarito che non esiste alcun accordo di programma e che da parte di Borgarello non è stata avviata alcuna azione istituzionale – sottolinea il presidente -. Le proposte o comunicazioni fatte dai soggetti interessati a realizzare il centro commerciale non hanno alcun valore programmatico. Oggi la nostra intenzione era quella di capire le volontà del territorio nei confronti del nuovo progetto presentato dalla società». Per questo in commissione ieri erano presenti I Comuni di Borgarello, Pavia, Certosa, Zeccone, la Provincia e Ascom. «Abbiamo registrato la contrarietà di Borgarello e le preoccupazioni di Confcommercio su una struttura che potrebbe mettere in ulteriore difficoltà un commercio già in crisi», aggiunge Ciocca, facendo sapere che ha tenuto conto delle richieste arrivate da Certosa. «Abbiamo ribadito la necessità di una tangenziale – spiega il sindaco Marcello Infurna -. Sul centro commerciale è Borgarello l’ente a cui spetta decidere, ma resta il fatto che la bretella è indispensabile». «Mi impegno – assicura Ciocca – a farmi carico del problema presso l’assessorato ai trasporti».

Certosa di Pavia e il ritorno del papà di Dylan Dog

Vi proponiamo un bell’articolo dal giornale locale, che parte dalla notizia del ritorno alla scrittura di Dylan Dog, l’indagatore dell’incubo,  da parte del suo creatore Tiziano Sclavi previsto per il prossimo mese di Ottobre (a 30 anni dalla prima uscita per la Bonelli Editore) – e poi ci ricorda in parte il suo passato, legato anche a Certosa di Pavia con la testimonianza di Grazia Nidasio, grande autrice e disegnatrice, nostra concittadina.

Dylan Dog: a Ottobre il ritorno tanto atteso

Articolo di Marta Pizzocaro da La Provincia Pavese del 21 Febbraio 2016

PAVIA. Ci ha messo due anni e mezzo per convincere Tiziano Sclavi a tornare a scrivere Dylan Dog, ma alla fine Roberto Recchioni ce l’ha fatta. E infatti alla fine del prossimo ottobre un nuovo numero di Dylan Dog uscirà suggellato dalla firma di colui che nel 1986, trent’anni fa, gli diede la vita.

«Una mattina ho trovato nella cassetta della posta una sceneggiatura completa inedita di 94 pagine, non ci credevo– racconta Recchioni, autore di romanzi fantasy per Mondadori, illustratore di canzoni per Immanuel Casto e da tre anni curatore del fumetto di Dylan Dog, edito da Sergio Bonelli – Erano nove anni che Tiziano Sclavi non non scriveva nulla, a parte un breve ritorno tra il 2006 e il 2007, e se pensiamo che è uno dei pochi nomi che stanno nelle antologie della letteratura a rappresentare il fumetto, che ha fatto fatica ad essere considerato un genere ma oggi lo è a pieno titolo, il suo ritorno alla scrittura è una notizia bomba».

Chiamato nel 2013 dall’editore Bonelli con la missione di rilanciare il fumetto di Dylan Dog che stava attraversando un periodo di stanca, Roberto Recchioni si è messo al tavolino con Tiziano Sclavi, per riportare il suo personaggio nel tempo presente.

Il primo albo di Dylan Dog Copertina de "L'alba dei morti viventi" Ottobre 1986
Il primo albo di Dylan Dog Copertina de “L’alba dei morti viventi” Ottobre 1986

«Tra le varie cose abbiamo pensato all’aggiunta della tecnologia, con l’inserimento di un cellulare che Dylan odia come odia tutta la tecnologia, visto che è uno che usa la penna d’oca e guida un vecchio Maggiolino – continua Recchioni – Tecnologia che poi si è concretizzata in Irma, uno di quei cellulari che ti parlano e ti danno dei consigli non richiesti, in questo caso con voce femminile. E mentre studiavamo un modo per far tornare Dylan Dog sulla cresta dell’onda, io lavoravo per mettere Tiziano nella condizione di tornare a scrivere il suo fumetto. Non è stata un’impresa facile e quella mattina, quando ho trovato la sceneggiatura nella posta, per me è stato l’inizio di un giorno importante».

Oltre ad essere un autore geniale, Tiziano Sclavi è infatti un uomo irriducibilmente allergico ai riflettori e schivo per natura, fin dai suoi esordi. A testimoniarlo è Grazia Nidasio, disegnatrice e fumettista milanese (oggi di casa a Certosa), autrice dei personaggi di Valentina Mela Verde, Stefi e il Piccolo Mugnaio Bianco (protagonista della campagna pubblicitaria del Mulino Bianco negli anni ’80), esempio e mentore, insieme a Mino Milani, di un giovane Tiziano Sclavi negli anni ’70.

«Nato a Broni, poi dopo vari spostamenti a Stradella e Canneto Pavese per il lavoro del padre, è venuto a vivere a Certosa con i suoi genitori e qui è cominciata la nostra frequentazione – ricorda Nidasio – ma erano gli anni della sua giovinezza, quindi non so dire niente del Tiziano Sclavi di oggi. Io me lo ricordo come un ragazzo assolutamente straordinario e originale in tutte le sue manifestazioni: nella scrittura come nel suo approccio alla letteratura, fino al suo rifiuto di amalgamarsi con i coetanei. Come me ha mosso i suoi primi passi e per qualche tempo siamo stati colleghi al Corriere dei Piccoli, anche con Mino Milani, poi ha iniziato frequentare più Milano che Pavia e l’ho perso di vista».

Oltre alla riservatezza, ad accomunare Tiziano Sclavi al suo Dylan Dog sono, per sua stessa ammissione, alcuni fantasmi che gli appartengono da una vita: il ricordo dell’alcol, l’angoscia notturna e i risvegli faticosi. «Senza esagerare però – precisa Sclavi, che il nome del suo personaggio l’ha inventato fondendo quelli di Dylan Thomas e Dog, dal titolo del libro “Dog figlio di” di Mickey Spillane, mai letto e visto solo nella vetrina di una libreria – Le differenze tra me e Dylan sono note ed evidenti: lui vive a Londra, al numero 7 di Craven Road, per la precisione, e io che viaggio poco, in Inghilterra non ci sono mai stato. E poi lui è quasi un seduttore, ha avuto un sacco di donne, si innamora facilmente, cosa che non si può dire di me. Nonostante questo io sono anche Groucho l’aiutante maggiordomo che spara battute a raffica oltre il demenziale, e specialmente sono i freaks, i mostri senza colpa che compaiono in molte storie».

E se gli si chiede perché abbia voluto il suo personaggio pieno di fobie: «Non volevo fare di Dylan Dog un vincente, un super-uomo alla Tex. Lui è uno che qualche volta perde, oppure, se vince, non vince mai completamente. In fondo, non sembra neppure un eroe del fumetto. Le mie storie non sono mai consolatorie perché l’orrore non finisce. Si ricomincia sempre da capo».

Alimentazione: cucina e tecnologia di So.Vite a Giussago

Una storia imprenditoriale nel nostro territorio, in cui si uniscono innovazione e tradizione, internazionalità e legame con le origini.
Un piccolo refuso nell’articolo: Guinzano è una frazione del Comune di Giussago e non di Certosa di Pavia.

Articolo di Anna Ghezzi tratto da La Provincia Pavese del 20 Febbraio 2016

La sfida hi-tech porta l’alta cucina in mensa

PAVIA. Dai ristoranti del Buon ricordo, quelli dei piatti da collezionare, alla cucina sotto vuoto a cottura lenta, lentissima premiata dalle stelle Michelin ed esportata alla ristorazione collettiva. E ai pasti veloci da ufficio, con una confezione ideata nelle campagne di Certosa di Pavia e premiata come prodotto innovativo 2015: pasta e riso cotti sotto vuoto, separati dal condimento e uniti appena prima di metter tutto nel microonde per mantenere tutto il gusto. È So.Vite, la prima azienda in Italia ad aver portato il sotto vuoto trasportato dai piatti stellati degli chef francesi alle diete di salute di ospedali, case di riposo, scuole, asili, dal Collegio San Carlo di Milano a Villa Esperia a Salice Terme. È stata questa l’intuizione di Luca Bolfo, 48 anni, di Pavia che nel 1998 ha fondato la So.Vite a Guinzano, frazione di Certosa di Pavia. So.Vite, tecnologia in cucina per So.Vite, azienda di Giussago in forte espansioneletteralmente significa “così veloce”. «Quando abbiamo iniziato eravamo in in 8, ora abbiamo quasi 250 collaboratori, eroghiamo oltre 8mila pasti al giorno in 39 strutture di 16 regioni del nord Italia – spiega Bolfo – dalla Toscana in su». Ogni mese So.Vite cucina quasi 24mila chili di cibo.
Una storia di famiglia. «Mio padre, Piero Bolfo, è stato il presidente dei ristoranti del Buon ricordo – racconta Bolfo al primo piano del centro cottura a Guinzano –. Sono cresciuto nell’ambiente alberghiero. Gestivamo il Vecchio mulino, che ha avuto due stelle Michelin, lo Chalet della Certosa, l’hotel Palace a Pavia». Piero Bolfo a fine ‘70 porta l’Unione dei ristoranti del Buon ricordo a coprire tutto il territorio nazionale, negli anni ’80 in Europa e oltre, fino agli USA, a Hong Kong, al Giappone.

La sede di So.Vite a Guinzano, frazione di Giussago
La sede di So.Vite a Guinzano, frazione di Giussago

Il viaggio in Francia. La folgorazione per il sistema di cottura sotto vuoto è arrivata durante un viaggio in Francia a Lione. «Negli anni Novanta era un sistema usato dalla ristorazione d’élite – spiega ancora Bolfo – A Lione ho sperimentato la cottura sotto vuoto a bassa temperatura nei ristoranti tre stelle Michelin. Abbiamo iniziato a farla al Vecchio mulino e la qualità era eccezionale, soprattutto sulle carni. Così nel 1998 ho deciso di tentare questa strada innovativa in Italia: ho ceduto i ristoranti e comprato il terreno su cui ora sorge lo stabilimento». Ora alla cottura sotto vuoto si dedicano articoli sui giornali alla moda, programmi tv e recensioni. «Ma nel 1998 nessuno sapeva cosa fosse, non c’erano star in cucina. – riprende Bolfo – Noi ci siamo rivolti agli hotel 4/5 stelle con carni pregiate e prodotti di alta qualità». Gli chef non vedevano di buon occhio un’azienda che voleva sottrarre la preparazione delle carni al loro comando. Così So.Vite ha scelto la strada della ristorazione collettiva.

Dai ristoranti alle mense. Nel Nord Europa ci sono diverse imprese di ristorazione che operano col sottovuoto, in Francia servono le mense scolastiche e le forze armate. «Ma noi abbiamo dovuto adattare la tecnologia a una dieta estremamente varia e complessa come quella mediterranea italiana.«Siamo gli unici in Italia con un sistema a bagno d’acqua e siamo stati i primi a portare l’industrializzazione del sotto vuoto in Italia», prosegue Bolfo.

Il cuore a Guinzano. La scelta è stata di restare vicini alla Certosa, dove è nato tutto. A Guinzano lavorano una trentina di persone tra cuochi, aiuto cuochi, sicurezza e controllo qualità, le dietiste. A Torino ci sono gli uffici, altri dipendenti sono dislocati nelle cucine gestite dall’azienda che l’anno scorso ha fatturato 8,7 milioni. Una crescita a due cifre negli ultimi cinque anni.

Cucinare senza grassi. Sulla scrivania di Bolfo ci sono due studi dell’università di Pavia che attestano la salubrità della cucina sotto vuoto. Accanto l’opuscolo con cui si fa educazione alimentare nelle scuole e si illustra il menù, senza verdure prefritte, carni e pesce cucinate senza grassi aggiunti ma solo con olio d’oliva extra vergine a freddo, materie prime integrali e naturali. «Questo tipo di cottura permette di non usare conservanti – dice Bolfo – i cibi vengono cotti al naturale, al massimo aggiungendo sale. Durano 40 giorni dalla data di cottura».

Tenuta abusiva a due passi dalla Certosa

Una grande tenuta in stile medievale che risulta costruita abusivamente. Una vicenda intricata e lunghissima,  una indagine che è partita con una segnalazione del  2005, su un immobile  accanto al complesso monumentale della Certosa di Pavia – in località Stazione Certosa (proprio accanto alla ferrovia) nel territorio del Comune di Giussago.

La ripercorriamo attraverso 2 articoli del giornale locale (uno del 2008 e uno recentissimo)

ARTICOLO FEBBRAIO 2008
Una tenuta abusiva accanto alla Certosa



tenuta medievale, Abuso edilizio in località Stazione CertosaGIUSSAGO.
Una tenuta abusiva dietro la Certosa. Quasi diecimila metri quadrati su cui sono stati costruiti 3 complessi, recuperati in perfetto stile medievale. Ieri il Corpo forestale dello Stato è intervenuto, ponendo sotto sequestro l’intera struttura. Dove, fra l’altro, sorge l’antica fornace del monumento. L’indagine era partita nel 2005, con una segnalazione giunta in Comune. Gli accertamenti si sono conclusi proprio nelle settimane scorse. In effetti, l’intero immobile risultava inesistente da mappali e piani urbanistici, o altri documenti.
Il blitz è scattato nella tarda mattinata di ieri, quando gli agenti della Foresta si sono presentati davanti al cancello della “Cascina la Fornace”. A finire nei guai, è il responsabile del Museo dei Navigli, Gianantonio Ricotti, proprietario dell’immobile. Al momento dell’irruzione, un artigiano era ancora intento a dipingere un affresco all’interno della cappella realizzata nel giardino della tenuta. Una tenuta, fra l’altro, bellissima. Composta da un corpo abitativo, una specie di sala-convegno, alcuni garage e, appunto, una chiesetta. Costruzione bassa, stile vecchia cascina, nuova di zecca. Ma, secondo le accuse del Cfs, quasi interamente abusiva. Di fronte ad un’opera di grande pregio e così estesa, realizzata a Frazione Certosa di Giussago, proprio di fronte al muro di cinta del monumento, anche gli agenti sono rimasti a bocca aperta. Non tanto o non solo per la splendida tenuta, quanto piuttosto perchè realizzata quasi interamente senza alcun permesso. E soprattuto senza che quasi nessuno se ne accorgesse, dal momento che l’area è recintata e nascosta da una folta siepe. Oltre ai tre edifici (questi, secondo la Forestale totalmente abusivi), ci sono anche alcuni antichi manufatti (fra cui una fornace del 1400, da cui il nome della tenuta) che sono stati recuperati ma – anche in questo caso – senza le dovute autorizzazioni. Gli agenti hanno bloccato tutto, compreso il pittore intento ad affrescare la cappella. L’accusa nei confronti del proprietario è di abuso edilizio. Secondo gli accertamenti effettuati dalla Forestale, non c’erano nè permessi per costruire, nè autorizzazioni paesaggistiche, visto che il complesso si trova a ridosso della Certosa. Insomma, niente di niente. Mai nessuno si era accorto di nulla.
L’intera proprietà, infatti, è circondata da una fitta siepe dalla quale si intravede poco dell’interno. Ma soprattutto, mai nessuno aveva sospettato nulla.
A parte un cittadino al quale era venuto il sospetto che ci fosse qualcosa che non andava, vedendo sbucare gru e ponteggi proprio dietro l’abbazia. Così aveva segnalato la cosa al Comune. L’amministrazione, per la verità, ci è andata con i piedi di piombo prima di procedere. Evidentemente era talmente incredibile la vicenda, che lo stesso Comune non poteva credere ad una costruzione di tali dimensioni senza alcuna licenza edilizia. Così, per circa un anno e mezzo, gli uffici sono stati impegnati nelle verifiche del caso: mappe del territorio, Piano regolatore, addirittura vecchi archivi storici. Niente di niente. Dai documenti ufficiali la tenuta non risultava. Dopo l’indagine conoscitiva, è scattata così la segnalazione al Corpo forestale dello Stato. Che ieri mattina si è presentato presso la villa per mettere i sigilli.

ARTICOLO GENNAIO 2015

Villa da abbattere, ma paga il Comune

da La Provincia Pavese del 20 Gennaio 2015
di Giovanni Scarpa

Il Tar conferma la sentenza del tribunale e impone all’amministrazione di partecipare alle spese di demolizione
GIUS­SA­GO La villa abu­si­va die­tro la Cer­to­sa deve es­se­re ab­bat­tu­ta, ma non a spese dei pro­prie­ta­ri del ter­re­no. E, pro­ba­bil­men­te dovrà es­se­re il Co­mu­ne ad an­ti­ci­pa­re i soldi, per poi ri­far­si su chi ha com­mes­so real­men­te l’a­bu­so. Cioè il pro­prie­ta­rio del­l’im­mo­bi­le.
Un guaz­za­bu­glio le­ga­le che con gli anni si com­pli­ca, fra ri­cor­si, sen­ten­ze am­mi­ni­stra­ti­ve e pe­na­li, men­tre la villa abu­si­va sco­per­ta nel 2008 pro­prio die­tro le mura della Cer­to­sa, sul ter­ri­to­rio co­mu­na­le di Gius­sa­go, resta in piedi.
No­no­stan­te due or­di­nan­ze di de­mo­li­zio­ne, sem­pre però im­pu­gna­te dal pro­prie­ta­rio del­l’im­mo­bi­le. Dopo otto anni, no­no­stan­te sia stato ac­cer­ta­to l’a­bu­so, an­co­ra nes­su­no è riu­sci­to a far ab­bat­te­re l’e­di­fi­cio. L’ul­ti­ma sen­ten­za del Tar, da un certo punto di vista, non fa che com­pli­ca­re la si­tua­zio­ne. Com­pli­ce, anche, un er­ro­re da parte del­l’am­mi­ni­stra­zio­ne che nel 2012 ha emes­so una se­con­da or­di­nan­za di ab­bat­ti­men­to. Fir­ma­ta dal sin­da­co.
Ma che in­ve­ce, dice ora il Tar, do­ve­va es­se­re con­va­li­da­ta dal di­ri­gen­te del­l’uf­fi­cio tec­ni­co. Fac­cia­mo un passo in­die­tro.
Il primo prov­ve­di­men­to di ab­bat­ti­men­to era stato fatto nel 2008 dal­l’al­lo­ra sin­da­co Ivan Chio­di­ni, qual­che mese dopo la sco­per­ta da parte del Corpo fo­re­sta­le dello Stato del­l’im­mo­bi­le rea­liz­za­to senza per­mes­si pro­prio ac­can­to al Mo­nu­men­to.
Per quat­tro lun­ghi anni, la prima or­di­nan­za è ri­ma­sto so­spe­sa nelle aule giu­di­zia­rie am­mi­ni­stra­ti­ve. Fino a quan­do il Tar ha dato ra­gio­ne al Co­mu­ne, al­me­no per quan­to ri­guar­da­va una serie di ma­nu­fat­ti rea­liz­za­ti senza chie­de­re alcun per­mes­so.
Fra que­sti, la pi­sci­na, una chie­set­ta, un por­ti­ca­to e altro an­co­ra. Ori­gi­na­ria­men­te, in­fat­ti, die­tro il muro della Cer­to­sa esi­ste­va so­la­men­te una vec­chia for­na­ce del ‘400, uti­liz­za­ta fin dalle or­gi­ni pro­prio per fab­bri­ca­re i mat­to­ni de­sti­na­ti al­l’ab­ba­zia.
Negli anni, tutto que­sto si è tra­sfor­ma­to in un mu­seo-vil­la con tanto di pi­sci­na. Dopo la lunga bat­ta­glia giu­di­zia­ria viene ri­co­no­sciu­to l’a­bu­so edi­li­zio com­mes­so dal pro­prie­ta­rio Gia­nan­to­nio Ri­cot­ti, di­ret­to­re del Museo dei Na­vi­gli. Poi, il colpo di scena.
Al mo­men­to di ren­de­re ef­fet­ti­va l’or­di­nan­za, si sco­pre che Ri­cot­ti è pro­prie­ta­rio del­l’im­mo­bi­le, ma non del ter­re­no, in­te­sta­to in­ve­ce al­l’Im­mo­bi­lia­re Botta. Che ri­cor­re con­tro l’or­di­nan­za del­l’ex sin­da­co Mas­si­mi­lia­no Sac­chi, suc­ces­so­re di Chio­di­ni. Sto­ria re­cen­te: il Tar sen­ten­zia che sì, l’im­mo­bi­le è abu­si­vo e va ab­bat­tu­to. Ma non a spese del­l’Im­mo­bi­lia­re, ri­co­no­scen­do – fra l’al­tro – il vizio di in­com­pe­ten­za per quan­to ri­guar­da l’or­di­nan­za di de­mo­li­zio­ne ema­na­ta dal sin­da­co e non dal di­ri­gen­te. Resta ora il rebus: as­so­da­to che quel­l’e­di­fi­cio deve es­se­re ab­bat­tu­to «in so­li­do con l’au­to­re del­l’a­bu­so» (cioè Ri­cot­ti, ndr), a chi de­vo­no es­se­re ac­col­la­te parte delle spese di de­mo­li­zio­ne?
«In que­sti casi la legge dice che deve es­se­re il Co­mu­ne a pro­ce­de­re – dice Gio­van­ni Da­ni­lo, av­vo­ca­to della so­cie­tà im­mo­bi­lia­re –. Solo in un se­con­do mo­men­to il Co­mu­ne potrà ri­va­ler­si su chi ha com­mes­so l’a­bu­so. Il Co­mu­ne ha com­mes­so degli er­ro­ri, lo dice il Tar. Ma noi non c’en­tria­mo nulla».

Amianto, quando una bonifica?