
Amianto, killer ancora spietato: nel 2016 il picco di nuovi casi
Una cinquantina i nuovi casi di malati da amianto diagnosticati negli ultimi due anni, con particolare concentrazione a Broni e nei comuni limitrofi ma ci sono casi di asbestosi anche a Voghera (4), Pavia e Vigevano (3) e Mortara (1). Ben lontani, quindi, dalla fabbrica della morte (così chiamata l’ex Fibronit di Broni). L’Avani è in prima fila nell’opera di sensibilizzazione e si moltiplicano le iniziative. “Siamo stati anche a Certosa di Pavia per portare il nostro contributo di conoscenza” ha detto Mingrino. Domenica 29 novembre, nella basilica minore di Broni, ci sarà la solenne funzione religiosa in memoria dei defunti per colpa dell’amianto e sabato 12, il concerto di Natale, al Teatro Carbonetti di Broni, con la partecipazione anche della fanfara dei carabinieri. Intanto è già partita una raccolta fondi per contribuire alla ricerca sul mesotelioma pleurico, grazie a un calendario realizzato e sponsorizzato da sei operatori commerciali di Stradella (pasticceria Civardi, Negligè di Federica Maini, osteria del Giuse, Zazzera Hair team, Eversun di Rossella Biagini e il fotografo, autore degli scatti del calendario, Fausto Lanfranchi). “Un problema che ci tocca tutti. E noi vogliamo che tutti sappiano e contribuiscano per chi ha sofferto e sta soffrendo”, ha detto, illustrando l’iniziativa Rossella Biagini, una delle promotrici.
Una grande opera che serve davvero al paese
di Domenico Finiguerra
Da Huffington Post
Italia, 2100 d.C.. Il telegiornale delle 20 si apre con una notizia straordinaria. Titolo di apertura: “Finalmente liberi dall’amianto. Terminata la bonifica di tutto il Belpaese”. Servizio: “Quando nel 1901 l’austriaco Ludwig Hatschek brevettò il cemento-amianto lo battezzo Eternit, a certificazione dell’elevata resistenza al tempo e alle intemperie. Asbesto, dal greco asbesto, indistruttibile, inestinguibile. Fu un successo mondiale. Un successo, carico di morte… Oggi, due secoli dopo, abbiamo definitivamente chiuso con quest’incubo che ha mietuto in Italia centinaia di migliaia di vittime”.
Tra 85 anni potrebbe essere questa l’edizione straordinaria condotta dai nipotini di Bianca Berlinguer o Enrico Mentana. Tra 85 anni! L’emergenza amianto è talmente poco sentita che proseguendo al ritmo con cui il nostro paese la sta affrontando, la bonifica sarà completata, appunto, solo nel 2100. E l’Alta Velocità? Quella è riservata a ben altri affari.
L’Assemblea nazionale amianto che si è tenuta in Senato il 30 novembre scorso ha confermato i dati noti da tempo ai familiari delle vittime, ai comitati per la salute e agli ecologisti. Il CNR ha stimato che su tutto il territorio nazionale ci siano 32 milioni di tonnellate di cemento-amianto. Il ministro Galletti ha quantificato in 44 mila i siti da bonificare (ma c’è seriamente da dubitare di questi dati “ottimisti”, considerato che solo l’Arpa Piemonte, nel giugno 2015, ha censito oltre 23 mila siti in quella sola regione). La contabilità delle vittime in Italia è agghiacciante: muoiono di mesotelioma pleurico o di uno degli altri dieci tumori asbesto correlati tre mila persone all’anno, otto al giorno, una ogni tre ore.
In tutta Europa si prevedono più di 300 mila morti entro il 2030.
Ci sarebbero tutte le motivazioni per avviare immediatamente una grandissima opera pubblica, o meglio, opera di salute pubblica. Anche perché la nostra Costituzione parla chiaro, art. 32: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività”. Ma purtroppo le priorità sono altre. Le priorità sono le grandi opere a base di colate di cemento, sono le trivelle in mare e terraferma alla ricerca di idrocarburi, sono la macchina dell’edilizia. Eppure, utilizzando il semplice buonsenso, sarebbe una scelta ovvia e naturale quella di curare il corpo malato del paese. Perché oltre a provocare ricadute positive sulla salute dei cittadini e quindi, nel medio e lungo periodo sulla spesa sanitaria, creerebbe anche molti posti di lavoro. Recuperando una parte di quel quasi mezzo milione di posti perduti nel settore dell’edilizia. Perché una grande opera diffusa avrebbe bisogno si migliaia di imprese che operino sul territorio. Perché se mi dicono che se non disintossico il mio orto e il mio organismo potrei morire in fretta, la prima cosa che faccio è bonificare orto e organismo. Tutti gli orti e tutti gli organismi.
Sembrano banalità. Anzi, forse sono proprio banalità. Visto che sempre scivolano via: perché non creano consenso, perché non sono di forte impatto mediatico, perché vanno bene per il tweet contro l’ennesima sentenza di assoluzione, ma l’hashtag #jesuismesiotelioma è poco accattivante. E mentre gli attacchi terroristici provocano l’unanime reazione emotiva degli Stati che porta a sbloccare le spese per la sicurezza, mettendole fuori dalle regole europee del patto di stabilità e crescita, le minacce quotidiane alla salute dei cittadini e le 8 vittime al giorno dell’amianto non provocano ancora l’esclusione delle spese per le bonifiche dalle restrizioni finanziarie cui sono sottoposti gli 8 mila comuni italiani. Non provocano ancora piani di investimento miliardari.
E così, non è raro che anche laddove la politica locale riesce a compiere scelte virtuose, stanziando risorse per rimuovere l’amianto e mettere in sicurezza i cittadini, quella stessa politica non possa poi spendere quelle risorse. Perché altrimenti “si sforerebbe il patto di stabilità”. Vi pare normale tutto questo?
Se vi pare normale, allora mettetevi comodi e aspettate il TG del 2100 d.c.