Il ministero alza la voce «La gestione dei monaci è un freno alla rinascita»

Articolo di Isabella Fantigrossi – Da Il Corriere della Sera – 29 Novembre 2014

PAVIA
Cinque mesi. È il periodo che manca all’inizio di Expo. Ed è pure l’ultima occasione, un anno dopo le prime promesse, per cambiare qualcosa nella gestione della Certosa di Pavia, definita per la prima volta da Ilaria Borletti Buitoni, sottosegretario ai Beni culturali con delega a Expo, «inadeguata».
In questi ultimi mesi, mentre parecchie risorse sono arrivate, non si è ancora riusciti a rendere più fruibile uno dei monumenti più conosciuti della regione. E il rischio che niente cambi prima dell’arrivo dei 20 milioni di turisti previsti per Expo c’è.
Ancora oggi a gestire la Certosa, di proprietà demaniale, è una piccola comunità di monaci cistercensi, nonostante manchi un atto di concessione del bene. Il motivo? Lo si era letto in una relazione di un tavolo tecnico sulla Certosa: «L’assenza di una formale concessione è legata al timore dei monaci di doversi accollare le spese di manutenzione del complesso». I monaci, nel frattempo, fanno quello che possono: tengono aperte poche parti del complesso e per quattro ore e mezza al giorno e organizzano poche visite. Dallo scorso dicembre, quando le carte sulla Certosa sono arrivate in Procura (che poi ha archiviato l’indagine non intravedendo il reato di omissione di lavoro in edifici che minacciano rovina ma segnalando la questione al Provveditorato alle opere pubbliche), la promessa è stata di firmare una nuova convenzione con i monaci per avere almeno orari di apertura più lunghi e associazioni del terzo settore in aiuto ai frati.
Ma fino a oggi è un nulla di fatto.
Spiega Ilaria Borletti Buitoni: «Lo Stato sta facendo la sua parte. A ostacolare purtroppo un accordo in vista di Expo è l’atteggiamento di non apertura dei monaci. I frati si sentono attaccati e hanno paura che s’interferisca con la loro vita monastica». Mentre i monaci chiedono ai visitatori in uscita un obolo, ancora oggi manca un biglietto d?ingresso, utile a portare soldi in cassa: «Ci vorrebbe ma non possiamo imporlo se i frati non sono d?accordo». Pochi monaci, dunque, tengono in scacco il ministero? «Non è così. Il padrone di casa è lo Stato che potrebbe anche decidere di riprendersi il bene da un momento all’altro. Non lo fa perché non vuole farlo. Senza i monaci -dice Borletti- la Certosa sarebbe un luogo morto». Anche perché, dice qualcuno, Demanio e ministero non avrebbero le risorse per gestirla. Ma l’urgenza non è solo Expo: «Nelle comunità monastiche non c’è più ricambio, i frati si stanno purtroppo progressivamente ritirando dalle certose. Anche a Pavia dobbiamo capire le loro intenzioni». La speranza del sottosegretario è che a gennaio comunque qualcosa si sblocchi: «Con il nuovo anno, con la riforma del ministero, cambieranno le figure di riferimento e il dossier sulla Certosa sarà riaperto. A quel punto, così sotto Expo, gli stessi monaci si renderanno conto che bisogna arrivare a un qualche compromesso». Per il futuro Borletti è ottimista: «È appena stato approvato dalla commissione bilancio della Camera un fondo per la manutenzione dei beni culturali. Se in primavera il fondo sarà istituito, avremo finalmente a disposizione 100 milioni di euro in più all’anno dal 2016 al 2020 e l’ipotesi che il ministero possa prendersi in carico il bene si fa più credibile». Per ora, però, tutto è fermo.


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